Bitcoin, cosa dice la legge italiana

La legislazione italiana si è adeguata alla presenza delle famose criptovalute, oppure siamo ancora lontani dalla legalizzazione dei Bitcoin?

Bitcoin, leggi in Italia

La formidabile e rapidissima espansione del mercato delle criptovalute, avvenuta nella seconda metà del 2017, ha acceso i riflettori e destato curiosità di media e giornalisti in merito. Fino a questa data, infatti, Bitcoin e C. erano materia solo di coloro i quali sono appassionati di informatica e finanza, ma inaspettatamente si è attirato un sacco di nuovi investitori e ha fatto tremare Governi e istituzioni economiche internazionali quando questa crypto ha incrementato il suo valore, trainando tutte le altre criptomonete. Ma non tutto può durare per sempre, e proprio tra novembre e gennaio il valore dei BTC è crollato repentinamente. Per questo motivo, alcuni Governi hanno manifestato l’intenzione di regolamentare questo particolare mercato. Ed è particolare perché opera nella cosiddetta zona grigia, priva di leggi e al limite della legalità per alcuni, tanto che anche le leggi vigenti in materia di economia e di finanza sono di difficile interpretazione. Ma ci vogliono anche delle regole per investire in Bitcoin, o è solo una forma di controllo, come sostengono i complottisti?

Legislazione BTC nel mondo

I due casi più eclatanti sono stati quelli di Cina e Corea del Sud, ma perché in queste due nazioni, il mercato delle crittovalute ha avuto una espansione veramente velocissima, tanto che i Governi hanno dovuto adottare in fretta e furia delle normative molto differenti. I Cinesi hanno optato per la rigidità, mentre i coreani hanno dapprima annunciato ristrettezze, per poi ritrattare e confermare solamente panico e incertezza nel settore. In Italia, la situazione è decisamente poco chiara, tanto che si presta a diverse interpretazioni. Bisogna dire che anche in Europa in generale si ha la stessa situazione. La tassazione per quanto riguarda il Belpaese è abbastanza confusa, visto che la posizione dell’Agenzia delle Entrate viene definita solamente dalla Risoluzione 72 pubblicata a Settembre 2016, la quale assimila e compara ogni moneta digitale come le valute estere. Questo è da una parte giusto, ma dall’altra decisamente sbagliato, visto che applicare il trattamento fiscale sui capitali su valute tradizionali e sulle crypto, per quanto riguarda le imprese. Le valute con corso legale come il dollaro o il franco svizzero, o lo stesso Euro, sono tutte utilizzabili immediatamente, mentre con le monete digitali questo non succede. Se si hanno dieci BTC su un e-wallet, non significa che si hanno subito a disposizione per spenderli, perché bisogna trovare un esercente o un sito che li accetta per l’equivalente del valore. Perché le critto sono famose per la loro volatilità e non è detto che si possa mantenere nel tempo.

Come dichiarare criptovalute in Italia

Possedere Bitcoin non è considerata una operazione speculativa che genera reddito per la legislazione italiana, quindi le plusvalenze non dovrebbero essere tassate perché equiparate alle valute straniere, ma dovrebbero se si posseggono per almeno 7 giorni consecutivi la somma di 51mila Euro, e quindi si dovrebbe applicare l’aliquota del 26%. La plusvalenza, però, andrebbe pagata vendendo i BTC in cambio di Euro, quindi al momento del cambio, visto che è quello il momento in cui si ottiene la plusvalenza. Ma il problema è che la maggior parte dei detentori hanno Bitcoin su un portafoglio su un sito con sede all’estero, quindi sarebbe da considerare come capitale investito all’estero, da annoverare nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.